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mercoledì 18 gennaio 2012

Parlando di Iron Man con Matteo Casali

Pochi giorni fa abbiamo segnalato con estremo orgoglio la pubblicazione in Italia di una storia di Iron Man creata da uno scrittore italiano per la Marvel USA. In passato avevamo già avuto il piacere di poter leggere e promuovere storie di eroi della "Casa delle Idee" realizzate da sceneggiatori nostrani, specialmente di opere commissionate da Panini Comics e che dunque sono state "immaginate" per il mercato europeo, anche se poi sono riuscite a valicare anche i confini del vecchio continente e sono state pubblicate anche negli States, come accaduto per "X-Campus" o "Dead on arrival".


Il caso di Matteo Casali, però, è diverso. Lo scrittore reggiano, infatti, collabora direttamente con la Marvel USA e senza alcun tipo di "filtro" linguistico, occupandosi "in toto" di soggetto e dialoghi, non solo grazie alle sue doti di creatore in senso assoluto, ma anche per merito della sua grande padronanza della lingua inglese. Un limite, quello linguistico, davvero difficile da valicare, che rende la sua esperienza più unica che rara. Naturalmente speriamo che in futuro tanti altri scrittori possano seguire le sue orme, ma per il momento abbiamo pensato di celebrare il suo "Marvel esordio italiano" con un'intervista esclusiva a tema, in cui lo sceneggiatore reggiano parla in maniera approfondita proprio di questa avventura.


Ringraziamo Matteo per l'attenzione ed il tempo che ci ha dedicato, sperando di poter tornare presto a parlare di lui e con lui dei suoi prossimi lavori per la Marvel... che possano essere ancora più prestigiosi ed entusiasmanti!


Dall'intervista che ci hai rilasciato per "Marvel made in Italy" # 2, sappiamo che non sei mai stato un grande fan del personaggio. Ma leggendo la storia sembri molto a tuo agio sia con Iron Man e la sua natura "iper tecnologica" sia con Tony Stark ed il suo carattere "guascone". Come hai stabilito questo feeling? Ti sei documentato leggendo qualche storia in particolare?


In realtà mi piaceva un sacco l’armatura con la maschera “appuntita” con cui appariva in certe vecchie storie dei Vendicatori… Ho sempre conosciuto un po’ meno le sue avventure in solitaria, ma la recente modernizzazione del personaggio --specie il Tony Stark di Robert Downey Jr. al cinema-- lo hanno reso più interessante. La tecnologia che oggi ci circonda rende molto più credibile Iron Man perché l’abbiamo tutti sempre davanti agli occhi. La mia idea di metterlo in gioco come una “arma di distruzione di massa” che ne affronta un’altra viene dall’immagine di commerciante di armi che Stark ha assunto in altre storie. E che trovo decisamente affascinante.
La documentazione è stata più che altro necessaria per capire cosa mettere in scena insieme a Testa di Ferro. Guardando tanti vecchi fumetti (un grazie al “giovane padawan” Andrea Forgione che mi ha aiutato a reperire tanto materiale) ho poi riscoperto il gigantesco robottone Ultimo, anche se dopo l’approvazione de soggetto l’editor ha scoperto che non avrebbe potuto essere utilizzato per motivi di continuity. Una vera fortuna, dopotutto, perché mi ha ispirato l’idea di far rinvenire una versione più vecchia del gigante alieno, suggerendo una possibile invasione dormiente come nella versione cinematografica più recente de "La Guerra dei Mondi".


Sei soddisfatto dal lavoro realizzato dal disegnatore Steve Kurth? O alcuni elementi e sequenze li avevi immaginati in maniera differente al momento di stendere la sceneggiatura?


Steve ha fatto un buon lavoro ed era la prima volta che lavoravo con un disegnatore dallo stile così classico e moderno allo stesso tempo. Il suo bianco e nero ha un non so che di retrò, ma la regia è decisamente moderna. Steve ha seguito abbastanza fedelmente la sceneggiatura. L’unica cosa che avevo immaginato davvero diversa, a livello visivo, è l’effetto “antenna” dell’armatura di Iron Man verso la fine, da me creato insieme al Protocollo Pioggia Pesante. Nelle mie intenzioni avrebbe dovuto essere più simile a una scomposizione-ricomposizione dell’armatura e invece ha finito per essere visivamente simile alle ali metalliche di Angelo degli X-Men.


Il finale dell'avventura è in qualche modo aperto. L'hai pensato forse con l'idea di un possibile seguito?


Alla fine della storia resta più di una domanda, probabilmente. Ci sono altri robot giganti che “dormono” sepolti da qualche parte sulla terra? Quante altre volte Stark ha creato armi di cui nessuno sa nulla? Riuscirà mai a portare Maria Hill dello S.h.i.e.l.d. fuori a cena? Scherzi a parte, la storia in sé non prevede un seguito specifico, ma mi è piaciuto piantare un paio di piccoli semi nella storia dell’universo Marvel. Se potranno germogliare, al momento non è dato saperlo. Vedremo, suppongo.


Per l'edizione Panini Comics della storia hai avuto la possibilità di tradurre in italiano la tua stessa storia. Un percorso davvero particolare ed inusuale. Di certo come traduttore non hai avuto nessun dubbio su quello che hai voluto dire in veste di sceneggiatore, ma hai forse incontrato qualche altro tipo di difficoltà? Insomma... come è stato tradurre te stesso?


In realtà non era la prima volta perché avevo appena terminato di tradurre "99 giorni", la graphic novel realizzata insieme a Kristian Donaldson per la Vertigo Crime della DC Comics e presentata a Lucca 2011 nella collana Panini Noir, e sono grato al traduttore regolare della serie, Luigi Mutti, per avermi concesso questa possibilità. Ma devo ammetterlo: tradursi è difficile. Mi rendo conto di quanto diverso sia pensare una cosa in inglese e ancora peggio di quanto sia complesso cercare di renderla nella mia lingua madre sapendo che non sarà mai la stessa cosa, pur sapendo esattamente qual è l’effetto che nella stesura originale cercavo. In pratica, tutti gli anni di esperienza da traduttore non servono a niente davanti a un testo mio. Potremmo dire che il Matteo traduttore, odia il Matteo scrittore.
Una cosa curiosa, invece, è come mi sia stato possibile, traducendo il testo, fare delle correzioni un po’ particolari. Quando mi venne chiesto di modificare alcuni contenuti dei dialoghi, ancora una volta per ragioni di continuity, mandai alla Marvel una seconda stesura che, per errore non venne data al letterista. Quindi quella italiana può essere considerata una versione “ultimate” e corretta della mia storia.


Sei per caso al lavoro su qualche altro progetto per la Marvel? Puoi anticiparci qualcosa?


Qualcosa bolle in pentola, nulla di cui si possa però parlare, le cose sono ancora troppo premature. La mia intenzione è di aver a che fare ogni volta con un angolo diverso dell’Universo Marvel nel quale ho vagato fin da piccolo come lettore e appassionato. Di questo potete stare certi.


Infine: cosa si prova, da unico sceneggiatore italiano al lavoro per la Marvel USA, ad essere finalmente anche "profeta in patria" ed a veder pubblicata in Italia una tua storia scritta direttamente per la "Casa delle Idee" statunitense?


Non mi sono ancora abituato all’idea, poco ma sicuro. E fa davvero piacere essere protagonisti di un (piccolo) evento come questo, ma come ho avuto modo di dire altre volte, “fare la storia” mi interessa relativamente. Voglio raccontarne sempre di nuove, e dunque spero di tornare da “profeta in patria” molte altre volte.
Adesso scusate, vado in edicola a comprarmi per vedere che effetto fa…


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